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Il fattore umano nelle organizzazioni delle aziende

fattore umano

L’IMPATTO DEL “FATTORE UMANO” NELLE ORGANIZZAZIONI AZIENDALI

L’espressione “elemento umano”, racchiude tutta una serie di interazioni tra uomo e ambiente di lavoro/macchine/attrezzature, sia il significato di “risorse umane” ossia relativo al personale lavorativo dipendente di un’azienda.
Per comprendere a fondo i possibili benefici cui si può giungere applicando un approccio sistemico alla gestione dell’elemento umano, è necessario affrontare anche l’altro significato di “elemento umano”, ossia quello legato all’ergonomia.

 

Il FATTORE UMANO E L’ERRORE


Nel termine “fattore umano” sono inglobati molteplici aspetti correlati alla disciplina che nel resto del mondo è nota come ‘Ergonomics’ o Ergonomia. Questa concerne lo studio delle interazioni tra essere umano e gli altri elementi di un sistema. Nonostante la molteplicità di approcci, esiste una convergenza di opinioni circa i fattori che definiscono l’applicabilità dell’espressione e connotano lo stretto legame tra organizzazione e comportamento.
Il fattore umano si riferisce infatti a quegli elementi quali lavoro, organizzazione e individuo che hanno influenza sul comportamento e dunque conseguenze sugli obiettivi  dell’organizzazione.
L’obiettivo primario dell’approccio “fattore umano” è il miglioramento del livello di affidabilità dell’operatore, intendendo con tale termine la probabilità di portare a termine un’azione senza errori in un determinato tempo, e più in generale del sistema all’interno del quale il singolo lavoratore – elemento umano – opera a tutti i livelli di responsabilità, tenendo conto della complessità di tutti gli elementi con i quali egli si deve interfacciare.
Negli ultimi anni grazie al progresso tecnologico che ha condotto a macchine sempre più sicure, la legislazione è mutata, dirigendo la disciplina e procedure verso un approccio di tipo organizzativo.
In tal senso, da una non corretta gestione della sicurezza sul lavoro a livello aziendale o di vigilanza, ossia “organizzativo”, può scaturire un incidente o, nel peggiore dei casi, un infortunio configurabile come reato.
Considerando l’interazione tra pianificazione ed esecuzione, gli errori umani possono essere classificati secondo il punto di vista dei processi mentali, come skill based, rule based e knowledge based.
Gli errori di tipo skill based sono quelli dovuti a disattenzione, che si presentano soprattutto nel caso di operatori che abbiano una buona esperienza nello specifico campo di lavoro, e che quindi nello svolgerlo ricadono in modalità di abitudine, diminuendo l’impegno mentale.
Gli errori di tipo rule based sono invece riferibili ad applicazione di procedure corrette nel momento sbagliato, o a scelta di procedure non adeguate alla situazione specifica.

 

LO STRESS LAVORO CORRELATO

 

stress lavoro correlato

In parallelo anche nel mondo del lavoro le tipologie di rischi professionali sono cambiate, differenziandosi in funzione della tecnologia, dei processi ma anche dei ruoli e della competenza.
Termini come stress, rischi psicosociali, fattore e errore umano, comportamenti, ergonomia, hanno assunto un’importanza sempre maggiore, oltreché essere entrati a far parte di un gergo comune non solo agli addetti ai lavori.
L’Accordo europeo sullo stress sul lavoro (8/10/2004), recepito in Italia attraverso l’Accordo del 2008 e, introdotto nell’art. 28 del D. Lgs. 81/08 come riferimento principale per la valutazione del rischio da stress lavoro correlato, ha caratterizzato l’ultimo decennio promuovendo una notevole attenzione al fattore “uomo”.
Nel 2011,  il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale ha pubblicato una metodologia per la valutazione e gestione del rischio Slc, aggiornata nel 2017,  per supportare le aziende  nella valutazione di tale rischio, ai sensi del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. e sulla base di un percorso metodologico scientificamente fondato e strumenti di valutazione validi e affidabili.

 

Il CONTESTO LEGISLATIVO

 

D. Lgs. 81/08 e smi, all’art. 15 elenca le misure generali che il datore di lavoro deve attuare ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
Tra queste, alcune possono essere utili per comprendere che l’idoneo, e necessario, approccio da adottare per la gestione delle problematiche relative all’organizzazione e alla sua influenza sulla sicurezza dei lavoratori e sui loro comportamenti è quello di risalire alle cause della situazione di disagio, come indicato alle lettere c) ed e) dell’art. 15, ed eliminarle alla fonte, attraverso misure collettive.
Infatti, nella lett. b. del medesimo articolo, è posto l’accento sulla programmazione degli interventi di prevenzione dei rischi la quale deve essere “mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro”; alla lett. d) “il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”
Tutti i concetti condivisi nel presente articolo, hanno l’obiettivo di ricondurre la trattazione, soprattutto per le Piccole e Medie Imprese, su un piano di più semplice approccio, onnicomprensivo delle problematiche emergenti da diversi punti di vista.
L’obiettivo rimane la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori attraverso la valorizzazione del lavoratore come “risorsa” e la gestione sistemica degli aspetti legati a competenza, ruoli e responsabilità, motivazione, gestione dei carichi di lavoro, compresa l’interazione uomo-macchina.
Andare ad agire sulle criticità organizzative significa dunque prevenire potenziali rischi lavorativi.

Articolo di Dario Sciacca